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Alla poesia bisogna affacciarsi sempre con molto rispetto, con la consapevolezza che non restituisce mai una comprensione assoluta, che si fa immagine con contorni definiti. A prevalere è l'indefinitezza, la suggestione. Uno spazio liquido e bianco, in cui il lettore può disegnare la sua percezione di mondo, di vita. Le parole diventano scalpelli, che possono servire per abbattere muri o costruire nuove strade dell'anima. E' questa la bellezza, la magia della poesia. Soprattutto in un mondo, quello attuale, in cui le opinioni abbondano, l'aggressività fa da padrona, il giudizio è imperante. Nella raccolta di Simonetta Sandra Maestri non vi è dubbio che a prevalere è la cura filologica, la scelta dei sostantivi e degli aggettivi, che hanno un suono, ma anche una punta, che arriva al cuore e alla pancia. Simonetta tratta della ricerca della libertà e del suo difficile rapporto con l'equilibrio, prima ancora che dell'amore, questo macro sentimento che a tratti tutti reputiamo banale ma poi, alla resa dei conti, fa sempre e comunque da contraltare alle vicende della nostra esistenza. Di pagina in pagina c'è il terremoto, non solo per le conseguenze lasciate e visibili sul territorio, ma come metafora dell'imprevedibile e dell'impotenza dell'uomo e come paura del futuro. Poi c'è la speranza, che alimenta i nostri giorni, lenisce i nostri dolori, e ha motivo di essere anche quando riguarda altri, non solo noi. C'è la violenza, nella forma del femminicidio, che azzera tutto ciò che la natura dei rapporti famigliari dovrebbe assecondare. E ancora c'è la figura di un nonno, che nel benessere e nel sorriso dei figli e nipoti comprende il 'suo' senso, che diventa orgoglio e fierezza, perché è vero che il bilancio del nostro vissuto più che in un insieme di azioni si manifesta in una corresponsione di sguardi. A Simonetta va dato il merito del coraggio. Coraggio di non rinunciare alla poesia, coraggio di non inoltrarsi in denunce sociali, coraggio di fermarsi quell'attimo prima in cui la fine del testo può essere completata dal lettore. E' questa la forza della scrittura, di qualsiasi scrittura, oltre i generi. Non imporre, ma lasciare che le parole, secondo varie combinazioni emotive, si inoltrino in ciascuno di noi. 

 

Camilla Ghedini

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